Un giorno poco meno di un anno fa ero seduto in una piccola filiale di una grande banca, nell’ufficio del direttore. Stavamo parlando dei miei piani aziendali per il futuro, del mio livello di affidabilità, della dimensione della mia impresa, dei suoi dipendenti, del team che la guida, dei numeri e di quanto era cresciuta da quando l’avevo fondata ben 10 anni prima. Mi faceva i suoi complimenti per la tenacia e la competenza con cui ero riuscito a superare anche le crisi che potevano risultare fatali se non gestite in modo corretto. Certamente parlavamo anche dell’Italia e della situazione economica nel mondo di oggi e di quanto sia difficile trovare partner affidabili con cui lavorare – sopratutto quanto sia facile incappare in fregature e disonestà. Stavamo trattando da settimane un finanziamento di decine di migliaia di Euro per un progetto di cambiamenti strutturali ed ingrandimento. Per questa filiale in quel momento non ero il cliente più importante e non credo nemmeno di essere stato tra i primi 100, ma certamente ero un cliente che non ha mai creato problemi o ritardi, ha mantenuto le sue promesse ed ha portato sempre i guadagni che la banca si aspettava. Fino a qui, niente di strano, niente in particolare che non sarebbe già successo negli anni precedenti, tranne questo piccolo particolare…
Da un po’ di tempo ero stanco di essere l’imprenditore, il titolare ed il capo dell’impresa che avevo fondato 10 anni prima. A 23 anni pensavo che con la mia impresa potevo fare una differenza che da manager in una multinazionale dove lavoravo prima, mi sembrava più difficile da raggiungere. Ho fondato la mia impresa perché contavo che un giorno avrei avuto profitti da utilizzare come avrei voluto io per investirli in progetti di formazione imprenditoriale per neo imprenditori o per investirli a forma di micro-prestito a Micro Imprenditori che così avrebbero potuto avviare la loro attività. Volevo fare cose diversamente, in modo più moderno, adeguati alle tendenze del 21° secolo. Iniziando ad importare frutta tropicale surgelata per frullaterie dal Sud America, seguivo un’idea che ho avuto a 16 anni in Brasile dove moltissime persone, compreso i turisti italiani, bevono migliaia di frullati di frutta al giorno. Il primo passo di cui andavo fiero era già quello di acquistare in modo equo in zone più svantaggiate del mondo, riservando il giusto prezzo ai contadini, cercando di ridurre al massimo l’impatto ambientale e puntando sin da subito sulla certificazione BIO. Già così credevo di fare la mia piccola parte per contribuire giorno dopo giorno al raggiungimento di un mondo più etico e meno avido – però sempre libero – in una forma di capitalismo più illuminato ed etico.
Ma perché allora ero cosi stanco? Ho realizzato qualcosa di funzionante. Consideravo la mia prima impresa un successo che ha superato 10 anni di vita, mentre il 90% delle imprese avviate, in generale non supera il terzo anno prima di schiantarsi. La mia è stata avviata quando avevo 23 anni con molte persone che non avevano altro in mente che dirmi quanto fosse una follia e che non funzionerà mai! Con molta creatività e sacrificio invece è partita ed ha iniziato a funzionare, ma la verità è che mentre riuscivo a pagarmi la vita e gli stipendi dei miei collaboratori, non ero mai riuscito a fare i profitti desiderati per raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissato anni prima. I problemi reali di un piccolo imprenditore nel settore food italiano mi avevano colpito duro e logorato negli anni: Clienti che non pagano o insistono su termini di pagamento a 60 e 120 giorni, ma poi spariscono. Banche che erogano piccoli prestiti a goccia, dannosi per lo sviluppo di una impresa, invece di leggere e comprendere i miei business plan, dove bastava spesso anche solo studiare lo storico con più attenzione. Uno stato che non solo chiede oneri altissimi, ma in cambio non offre i servizi basilari di protezione e di garanzia di un operato giusto e nei termini di legge da parte di tutti. Leggi complesse e formulate in un italiano che per sino il più esperto degli avvocati ed il giudice stesso faticano a comprendere – per non parlare del costante rischio di assumere la persona sbagliata. Nel momento di una qualsiasi disputa il rischio che il giudice tuteli il dipendente anche nelle situazioni più assurde non è solo una possibilità, ma una dura realtà per tutte le piccole imprese. Se non si è già depressi da questo, arrivano i media di massa che sono focalizzate su tutto quanto possa indurre miseria e tragedia, senza mai guardare o raccontare quello che in Italia succede di positivo e lodevole. Arrotonda il tutto la totale politicizzazione della società su tutti i livelli ed in tutti gli strati – dai più poveri ai più abbienti – dove l’utilità della disputa politica è in circa al livello intellettuale di uno scontro di ultrà allo stadio di San Siro la domenica. Tutto questo negli anni era arrivato troppo vicino alla mia sostanza e mi aveva logorato al punto da vedere i miei obiettivi di realizzazione ed imprenditoria etica molto lontani dall’essere possibili. Mi stavo lentamente adeguando ad un sistema che sembrava travolgente.
Dovevo fare qualcosa ed in fretta per non permetterlo, ma mi sentivo debole e la responsabilità verso i miei dipendenti, le loro famiglie e le promesse fatte agli soci in affari mi costringevano a concentrare tutte le mie risorse personali ed economiche sull’impresa. Continuavo a ripetermi come non ci fosse tempo per pensare al buonismo, che l’economia doveva girare e che sarebbe meglio mi abituassi a vivere in un mondo che non vuole cambiare. Le basi etiche sulle quali operava la mia impresa non solo influenzavano malapena i dipendenti e le persone direttamente coinvolte, ma spesso esponevano il business anche ad inutili rischi a causa di clienti e fornitori che cercavano di sfruttarli per il loro personale vantaggio. Il mio stile di vita, le mie convinzioni ed a momenti io stesso stavamo morendo.
Ancora seduti nell’ufficio del direttore, aspettavamo le carte da firmare per farmi assumere migliaia di nuovi Euro di debito. Dovevo portare avanti e fare crescere un’impresa che al momento non faceva altro che darmi un senso di oppressione ed ansia. Per alleviare il mio disagio e condizionare la mia mente al positivo, ho iniziato a focalizzare sui miei vecchi obiettivi etici e sociali oltre che quelli capitalistici del profitto. In quel momento di ritrovata euforia decido di raccontarli al direttore della banca. Questo risponde sorridendo, quasi beffeggiando:
“Molto bello e lodevole, ma lei non potrà mai cambiare il mondo! Anche io qui non potrò mai cambiare nulla, cosa pensa? L’Italia sarebbe un’altra se lo potessimo fare!”
L’attimo di silenzio che ne seguì sembrava eterno. I sorrisi da bravi ed abili negoziatori sparirono lentamente, facendo spazio all’imbarazzo di una evidente e totale opposizione di idee ed ideali. Mi rendo conto che dentro di me stava salendo un vulcano di energia rabbiosa. Queste parole erano la prova e la manifestazione più totale della vile debolezza umana, quell’essere codardi e pronti ad accettare qualsiasi scusa buona per giustificare la propria comodità e compiacenza con l’ipocrisia. Mentre mi ricompongo internamente, cerco di costringermi a non reagire, ma di agire in modo premeditato ed adulto. Alla fine ho un’azienda da portare avanti, dipendenti a cui pensare, crescita da creare. La gentilissima signora arriva con le carte.
Prendo in mano la penna e scrivo un IBAN sui documenti della banca, richiedendo l’immediata chiusura del conto corrente in essere ed il contestuale trasferimento di alcune decine di migliaia di Euro della mia liquidità residua su un altro conto corrente aziendale. Non è molto per una grande banca, ma in tempi di crisi finanziaria / bancaria credo che per una filiale cosi piccola non è un piacere vedersi sottrarre quelle somme dal bilancio.
Incredulo il direttore mi chiede di ripensare un attimo questa decisione cosi improvvisa, a suo parere insensata. Dopo settimane di difficile trattativa per i finanziamenti sarei costretto ad iniziare da capo con un’altra banca e non è detto che mi dia retta. Nell’attuale clima economico italiano sarebbe stato difficile che un’altra banca che non mi conosce mi segue a questi livelli. Aveva certo ragione.
“Direttore, non so se si è accorto, ma ho appena cambiato il mondo. Magari non ho cambiato tutto il mondo, ma ho cambiato in modo significativo il suo mondo e quello della sua filiale. Non credo possa esserci alcun dubbio sul fatto che io abbia cambiato il mondo, altrimenti non le avrebbe creato tanto disagio.”
Avevo bisogno di ricordarmi che ogni nostra azione, per quanto piccola essa sia, cambia il percorso della storia. Anche se è solo la nostra storia personale e quella delle persone a stretto contatto con noi. Ogni giorno che ci adeguiamo a quanto ci viene imposto, stiamo concordando silenziosamente. Siamo complici. Non è necessario stravolgere tutto e non è necessario reagire in modo cosi drastico come ho deciso di fare io in quel momento, ma il mondo cambia con ogni decisione fatta, in ogni momento del giorno. Se il tuo paese o la tua città è sporca, lo sarà meno nel momento che tu decidi di non buttare più la spazzatura in strada e lo sarà ancora di meno il giorno che decidi di organizzare un gruppo che ripulisce le strade, insegnando ai bambini che i rifiuti sono una risorsa e non vanno gettati nell’ambiente. Cambi il mondo nel momento che smetti di comprare i prodotti di aziende che inquinano o maltrattano le persone, favorendo l’acquisto di aziende che al contrario tutelano l’ambiente ed i loro lavoratori. Cambi il mondo ogni volta che prendi la bicicletta invece dell’auto per i tuoi spostamenti brevi, inquinando meno e facendo del bene alla tua salute. Cambi il mondo nel momento che ti prendi cura del tuo paese, della tua comunità e del tuo vicinato invece di guardare tutte le sere la TV dopo il lavoro.
La magia dell’Effetto Farfalla: “Si dice che il minimo battito d’ali sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”
Cinque mesi dopo quell’appuntamento ho venduto la mia azienda tutelando al meglio possibile i posti di lavoro all’interno, facendo il mio meglio perché nessuno tragga svantaggi dalla mia decisione. Ho re-iniziato completamente da capo creando una serie di piccoli documentari raggruppati in “Amazing Everyday People” che pubblico sul mio canale YouTube (www.youtube.com/maxccastelli). Vi racconto le storie delle persone che con il loro stile di vita ed i loro progetti fantastici hanno ispirato ed influenzato le mie idee ed i miei ideali. Ho la speranza che attraverso le storie che racconto molte più persone inizieranno a riflettere sul vero potere che hanno (e che sprecano ogni giorno) per creare il mondo che vorrebbero intorno a se. Anche nell’anno 2016 ci sono ancora troppe persone che non hanno ancora capito che le promesse fatte da altri, che siano in cambio di un voto elettorale o della fede e delle donazioni, non potranno mai risolvere problemi in quanto annullerebbero la necessità per l’esistenza per le loro stesse istituzioni.
Never, ever, ever, ever give up. Se sai dove vuoi arrivare, troverai la strada. Nel peggiore dei casi la costruirai tu.
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